La speranza di essere di nuovo
C’è un formicolio, che ogni tanto, sempre più di rado
ultimamente, sale lungo il mio sopito corpo sino ad aprire una breccia in
questa mente cristallizzata che mi ritrovo, regalandomi un’ebrezza istantanea e
fuggente. Una sensazione di goduria, di piacere nel vedere aprirsi uno
spiraglio di buona volontà, quella volontà collettiva che dovrebbe esplodere in
un boato come un motore ruggente che arriva al massimo dei giri.
Sono fumate bianche, insignificanti, non lasciano il segno
come le decine, centinaia, migliaia di vite strappate a questo mondo giornalmente
per l’incuria e il disinteresse generale. Svaniti nel nulla, persi e lontani dagli
affetti riempiono gli annuari statistici, numeri morti su di un foglio di
calcolo che si sommano agli invisibili morti di fame.
Sarà che la morte mi fa paura, sarà che vorrei essere
immortale ma pur rispettandola la detesto davvero. La vedo più come un ricongiungimento
astrale e per questo la gradirei dolce e pacifica. Rabbrividisco al pensiero di
andar via o peggio veder andar via sotto il frastuono di un colpo d’arma da
fuoco, l’urto di un investimento, il botto dopo un volo dal terzo piano, lo
stridente silenzio dopo un solitario suicidio.
Che società di merda, è questo quello che avrà pensato il
buon Biagio Conte ritirandosi per protesta su di una grotta, lontano dagli
irresponsabili. Gli irresponsabili? Chi? Noi, loro? Finisco sempre nel tranello
alla ricerca del colpevole di turno, uno, una parte o tutti? La comunità civile,
le istituzioni, gli oligarchi, i guerrafondai, il diavolo o io? Boh… il mondo
di mezzo ha bisogno forse di una scintilla? Di un mentore, di un nuovo Cristo,
di un nuovo Falcone che si immoli? Se fossimo dentro un video game potrei,
potremmo anche provare e ripartire da capo sbagliando ancora, potremmo scovare
un trucchetto per ingannare la morte per andare avanti comunque, aggirare l’ostacolo
saltando un livello di gioco ma rimarrebbe l’amaro in bocca, quel senso di incompiuto
che metaforicamente ci riporterebbe indietro.
Che fare allora? Provarci? Ma a fare che? Passa il tempo,
cambiamo i rappresentanti, cambia il mondo, avanzano le tecnologie ma comunque
la nostra vista si annebbia sino a spegnersi. Non vediamo più gli altri e
marciamo con le braccia avanti per farci spazio tra la folla, scansando chicchessia.
I don’t like… ma anch’io lo faccio lo stesso.
Giù la maschera!
C’è un certo Bill Fuqua che una volta rimase 10 ore e 6
minuti in piedi immobile aggiudicandosi il record mondiale del “non far niente”,
Luis Palau evangelista cristiano defunto lo portò ad esempio paragonandolo agli
innumerevoli cristiani che “troppo spesso … rimangono immobili, senza far
niente, mentre invece dovrebbero vivere vite vittoriose. Invece di spargere il
profumo di Cristo sembrano intrappolati da un atteggiamento di sconfitta.” Ma
perché? Si chiede… ma perché non è forse l’umanità immobile!
Ed eccomi qua dopo questa dissertazione, ammetto la mia
colpevolezza, mi pento e mi dolgo di essere uno immobile che non fa un cazzo,
evviva!